Gruppo degli Ernici - Monte Ginepro

Da Rendinara, per il vallone del Rio e le Fosse Fracase alla ricerca della prima neve di questo asciutto inverno.


Tracciando la prima neve sul Ginepro Ci sono giornate che nascono in un certo modo e poi finiscono diversamente. Questa che mi appresto a raccontarvi è proprio una di quelle, con la differenza che è finita molto meglio di come era iniziata. Premetto che è la prima volta che mi diletto in un racconto di una giornata in montagna, di una escursione, motivo per cui mi scuso anticipatamente con coloro che mi leggeranno se la mia prosa non sarà alla altezza delle relazioni di coloro che mi hanno preceduto in passato. L’itinerario prescelto, dopo diverse conversazioni via etere, è uscito dal cappello di Augusto Catalani che decide per i Monti Ernici e precisamente per il Monte Ginepro, da Rendinara e non da Prati di Campoli, come fa la maggior parte degli escursionisti. Il versante nord di queste montagne è veramente imponente e per me - che è la prima volta che ci vado - è ancora più allettante salirci. La truppa è composta da Augusto Catalani, Francesco Mancini, Nicola Polcino, Andrea Cappadozzi oltre al sottoscritto. Iniziamo percorrendo il Vallone di Rio che si apre davanti a noi, camminiamo lungo la carrareccia un po’delusi a causa della poca neve; più tardi saremo costretti a cambiere drasticamente idea, per fortuna. La temperatura è decisamente alta tanto da indurci a togliere subito le giacche a vento. Il sentiero segue una sterrata percorsa anche da fuoristrada il che stona un po’ con la “verginità” del posto. Lasciamo la sterrata e deviamo sulla la nostra destra intorno a quota 1320 mt. , nei pressi di uno stazzo poco sopra la carrareccia stessa, puntiamo decisamente verso il Fosso Fracasse che ci porterà sulla Sella del Monte Brecciaro. A 1500 mt. circa la neve inizia a farsi sentire nelle gambe con un manto che cresce passo dopo passo e le ciaspole diventano un obbligo; sudiamo ma la voglia di scrutare la cresta ed il resto è talmente tanta che nessuno si tira indietro. Terminato il bosco, veniamo investiti dalla visione maestosa delle pareti verticali del monte Cappello a destra della valle e dalla tonda mole del Brecciaro e la sottostante stretta forchetta a sinistra della valle stessa, forchetta da dove usciremo in cresta dopo non poche fatiche sull’ultimo ripido tratto in testa alla valle. Proprio prima della forchetta il percorso si fa più ripido, la neve è tanta ed è qui che cambiamo idea sul fatto che ce ne fosse poca. Seppur con le ciaspole soffriamo maledettamente ma con molta calma ed accortezza arriviamo alla sella a quota 1838 mt. dove ci aspetta un bel vento ed un po’ di nebbia che offusca il lingo profilo della cresta. Ogni tanto la coltre si dirada per offrirci fotogrammi del mar Tirreno e del promontorio del Circeo. Dopo la pausa panino e qualche foto, visto che la neve sul versante sud è stata un po’ spazzata, ci togliamo le ciaspole, riprendiamo la marcia verso nord tenendoci sottovento perché in cresta sarebbe stato veramente fastidioso avanzare e perché la prudenza è sempre una buona consigliera, evitare le cornici, dalle quali è sempre meglio stare alla larga, è cosa maledettamente saggia. Percorriamo qualche centinaio di metri e ci accorgiamo che la neve sfonda decisamente - da incubo quanto ci cadiamo dentro - per cui decidiamo di rimettere le ciaspole. La fatica viene ripagata una volta toccata la cima del Ginepro, 2004 mt (omino). Purtroppo il freddo vento spira forte per cui ci fermiamo solo per le foto di rito. Sempre per cresta arriviamo al monte La Lota 1930 mt. con la splendida croce posta su uno sperone di roccia. Qualcuno direbbe “adesso il più è fatto”. Si tratta solo di scendere su un sentiero. Appena iniziamo il canalino in direzione del Morrone Alto ci accorgiamo che la neve aumenta sempre di più e si sfonda anche di un metro: il bello, per modo di dire, inizia adesso. Tra rovi e faggi arranchiamo decisamente in direzione di Rendinara seguendo il percorso dettato dal gps cercando di non sbagliare, anche perché un errore potrebbe essere fatale, visti i molti salti di roccia presenti. Più volte ci accorgiamo che il percorso è difficile da trovare e torniamo spesso sui nostri passi, il che ci crea difficoltà enormi visto che la neve è alta più di un metro. A rigenerarci, ogni tanto, ci pensa un goccio di nocino che qualcuno ha saggiamente stivato nello zaino. Stiamo per ripartire dopo una breve sosta quando Nicola ci blocca subito perché non trova più il cellulare dopo aver appena chiamato….e adesso? Per fortuna Francesco ha con se la pala che “offre gentilmente” ad Augusto, il quale, dopo qualche minuto riesuma il prezioso cellulare risollevando non poco Nik. Rinvigoriti più che mai, ricominciamo a sfondare verso Rendinara che nel frattempo si palesa attraverso i rami dei faggi. La fatica è notevole ma il gruppo, come si conviene, non molla e dopo circa tre ore dall’inizio della discesa riusciamo ad intercettare il sentiero dove la neve è poca ed i segnali sono più frequenti. L’anello si chiude quando l’oscurità ci avvolge e la soddisfazione è veramente appagante. C’è una gradita sorpresa per me a fine escursione, quando Augusto mi sussurra: “Doriano vorrebbe da te la relazione dell’escursione per Aria Sottile”. Stremato dalla fatica nulla oppongo inconsapevole dell’impegno preso. Più tardi, ripresomi, mi rendo conto che per me il vero massacro deve ancora venire: la relazione di un’escursione bellissima condivisa con dei compagni/amici veramente eccezionali che non finirò mai di ringraziare.